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Tumore del colon/retto

Tumore del colon/retto

Il tumore del colon-retto occupa il terzo posto per incidenza e mortalità tumorale nei paesi occidentali, preceduto dal tumore polmonare e da quello mammario. La distribuzione del cancro del colon è la medesima in entrambi i sessi; il tumore del retto colpisce invece prevalentemente il sesso maschile con un rapporto di 2:1.

Il tumore del colon è una delle patologie neoplastiche in cui si sono riscontrati i maggiori passi in avanti grazie alla diffusione dello screening, che comporta sia una prevenzione, attraverso la polipectomia, sia una diagnosi precoce, attraverso l’identificazione di tumori iniziali asintomatici. La diagnosi precoce consente di raggiungere una guarigione in oltre l’85% dei casi
Lo screening consiste nella ricerca del sangue occulto nelle feci (una costante delle neoformazioni del colon-retto è rappresentata dalla perdita di sangue non sempre visibile a occhio nudo, in particolar modo nelle forme iniziali e nelle localizzazioni a carico del colon destro). La positività di questo esame impone la necessità di eseguire una colonscopia con eventuali prelievi di tessuto (biopsie). 

Il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale per i pazienti affetti da neoplasia colorettale vede il coinvolgimento, in maniera multidisciplinare, di diverse figure professionali: il gastroenterologo, il chirurgo, l’oncologo, il radioterapista, che insieme valutano le caratteristiche del paziente e del tumore.

Sintomi

I sintomi iniziali del carcinoma del colon-retto vengono spesso sottovalutati. Un sanguinamento rettale di recente insorgenza non deve mai essere in prima istanza attribuito a patologia benigna senza aver escluso carcinomi o polipi mediante l’esecuzione di una colonscopia. Oltre al sanguinamento rettale, non devono essere trascurati sintomi come difficoltà nell’evacuazione, variazioni dell’alvo, dolore e/o tensione addominale, calo ponderale e diminuzione dell’appetito.

Fattori di rischio per l’insorgenza del carcinoma colo-rettale sono rappresentati da dieta povera di fibra, obesità, fumo, alcool, scarsa attività fisica, età avanzata. In alcuni casi la neoplasia ha una base ereditaria. Un altro fattore di rischio è rappresentato dalle malattie croniche intestinaliche comprendono la malattia di Crohne la rettocolite ulcerosa.

Diagnosi

Il primo passo per un paziente a cui sia stata diagnostica questa neoplasia è la stadiazione, ovvero l’inquadramento globale della estensione della malattia attraverso:

Nel caso delle neoplasie rettali, al fine di ottenere una definizione più specifica della stadiazione locale, in particolare per quanto riguarda il coinvolgimento degli sfinteri e dei linfonodi loco-regionali, a tali indagini vanno aggiunte:

A tutti i pazienti andranno infine eseguiti prelievi ematochimici comprensivi di emocromo, funzionalità epatica e renale, marcatori tumorali (CEA).

L’insieme di tali parametri porta a stabilire lo stadio di malattia, che sarà utilizzato per la definizione prognostica e per la pianificazione del trattamento. Una volta accertata la diagnosi istologica e stabilito lo stadio clinico di malattia, avviene la programmazione terapeutica personalizzata per ogni singolo paziente nell’ambito della discussione multidisciplinare (chirurgo, oncologo medico, radioterapista, radiologo); i medici decideranno il tipo di trattamento considerando in primo luogo lo stadio, ovvero il grado di penetrazione del tumore nella parete del viscere, il coinvolgimento dei linfonodi regionali, e la presenza di eventuali metastasi in organi distanti.

Cura

Stadi iniziali (I, II, III)

Per quanto riguarda le neoplasie del colon in stadio iniziale (stadi I, II e III), il trattamento è solitamente chirurgico, se non vi sono problematiche tecniche o internistiche che ne limitino la fattibilità. Dopo la chirurgia il paziente viene sottoposto ad una nuova visita multidisciplinare per decidere il proseguo terapeutico sulla base della diagnosi patologica:

  • nei tumori del colon in stadio I e II senza fattori di rischio, il paziente proseguirà con soli controlli;
  • nei tumori del colon in stadio II con almeno un fattore di rischio e stadio III, il paziente è candidato a ricevere un trattamento post-operatorio precauzionale (adiuvante) al fine di ridurre il rischio di recidiva della malattia.

Per quanto riguarda più specificamente le neoplasie rettali, negli stadi molto precoci (stadio I) o avanzati (stadio IV) le opzioni terapeutiche non si differenziano sostanzialmente da quelle del colon mentre, per quanto riguarda i tumori localmente avanzati ovvero gli stadi II e III alla stadiazione clinica, il trattamento da considerarsi standard è di tipo combinato e prevede una chemio-radioterapia preoperatoria (neoadiuvante), seguita dall’intervento chirurgico a 6-8 settimane dalla fine del trattamento radiante. I pazienti operati, a prescindere dallo stadio iniziale, vengono poi rivisti in ambito multidisciplinare per programmare il proseguo terapeutico sulla base della stadiazione patologica. Qualora fosse indicata una terapia adiuvante, essa andrà proseguita per 6 mesi complessivi considerando anche la terapia pre-operatoria.
Al termine del trattamento, il paziente proseguirà con le visite di controllo.

In pazienti sottoposti a trattamento curativo con chirurgia o ad approccio multimodale (chirurgia, chemioterapia e/o radioterapia), è indicato un follow-up oncologico trimestrale o quadrimestrale nei primi 2 anni, semestrale dal 3° al 5° anno, poi annuale, che vengono condotti in collaborazione con il Medico di Medicina Generale (MMG). Ad ogni visita saranno consigliati le indagini strumentali appropriate.

stadio avanzato (IV)

È soprattutto nello stadio di malattia avanzata (stadio IV) che la discussione multidisciplinare è fondamentale nel definire l’iter terapeutico più idoneo al paziente. In caso di tumore primitivo intestinale poco o per nulla sintomatico, l’approccio in prima istanza è solitamente oncologico con rivalutazione per resezione chirurgica, sia del primitivo che delle metastasi, in base alla risposta evidenziata al trattamento sistemico. In caso invece di primitivo sintomatico (ad esempio per sanguinamento od occlusione), la scelta più appropriata può essere la resezione del tumore intestinale in prima istanza seguita dal trattamento chemioterapico.

Nei casi di neoplasia in stadio avanzato, l’introduzione nella pratica clinica di nuovi farmaci (oxaliplatino, irinotecan, bevacizumab, cetuximab, panitumumab, regorafenib) ha progressivamente migliorato la sopravvivenza, portandone la mediana ad oltre 24 mesi, e consentito in alcuni casi di rendere operabili pazienti giudicati altrimenti inoperabili prima della chemioterapia. Nei casi in cui non sia fattibile un trattamento con intento radicale, l’obiettivo del trattamento sistemico è quello di ridurre o posticipare l’insorgenza dei sintomi legati alla malattia, migliorare la qualità di vita e prolungare la sopravvivenza.

La scelta del trattamento avviene quindi in base a:

  • caratteristiche del paziente (condizioni generali, età, comorbilità);
  • caratteristiche della malattia (malattia aggressiva vs malattia indolente, malattia resecabile vs potenzialmente resecabile vs malattia non resecabile);
  • analisi mutazionali. Queste ultime, oltre a caratterizzare la neoplasia dal punto di vista biologico, sono fondamentali nella scelta dei farmaci biologici da associare alla chemioterapia (anticorpi monoclonali anti-EGFR, nei pazienti RAS wild-type, ed anti-VEGF), anche nell’ambito di protocolli sperimentali.

Chirurgia

Per il tumore del colon le tipologie di intervento sono le seguenti:

  • emicolectomia destra: asportazione del colon destro e ricostruzione della continuità dell’intestino tra piccolo intestino (ileo) e colon residuo;
  • emicolectomia sinistra: asportazione del colon sinistro e ricostruzione della continuità dell’intestino tra colon residuo e il retto retto;
  • colectomia subtotale o totale: asportazione di quasi tutto o tutto il colone ricostruzione della continuità dell’intestino tra piccolo intestino e retto, soprattutto per quei casi in cui risultano presenti più neoplasie contemporaneamente in diverse posizioni nel colon.

Per il tumore del retto il trattamento chirurgico consiste nell’asportazione parziale o totale del retto. Nella maggior parte dei casi si può mantenere l’apparato sfinteriale e ricostruire la continuità dell’intestino tra colon e il retto residuo o il colon con l’ano. Per le neoplasie localizzate al retto basso può rendersi necessaria, come misura cautelativa e di sicurezza per il paziente, una deviazione delle feci, mediante creazione di una stomia temporanea. Dopo alcuni mesi dall’intervento chirurgico la stomia può essere rimossa e il paziente riprende a scaricare per via naturale. Una stomia definitiva (colostomia) si rende necessaria nel caso in cui la neoplasia coinvolga lo sfintere anale. Lo IOV mette a a disposizione, sia durante la degenza sia dopo la dimissione, personale specializzato (enterostomista) che istruisce il paziente alla gestione ottimale della stomia.

La maggioranza degli interventi chirurgici sul colon e sul retto vengono eseguiti dalla UOC Chirurgia oncologica delle vie digestive dello IOV con tecnica mininvasiva. L’approccio laparoscopico ha la stessa radicalità della chirurgia “open“, è ugualmente sicura e offre generalmente una più rapida ripresa post-operatoria, con minor dolore e una più rapida ripresa delle funzioni intestinali e quindi dell’alimentazione. Nel caso in cui l’intervento chirurgico non sia conducibile in maniera sicura ed efficacie con tecnica laparoscopica potrà essere convertito in qualunque momento alla tecnica tradizionale (laparotomia) al fine di mantenere lo standard oncologico e di sicurezza del paziente, che rappresentano la priorità del trattamento.

Allo scopo di ottimizzare la ripresa clinica e funzionale del paziente dopo l’intervento chirurgico, diminuendo lo stress chirurgico e le complicanze post-operatorie, la UOC Chirurgia oncologica delle vie digestive applica il protocollo ERAS (enhanced recovery after surgery). Si tratta dell’inserimento del paziente all’interno di un percorso multimodale e multidisciplinare, che vede la collaborazione di un team dedicato, al fine di consentire un più rapido recupero post-chirurgico.

Chemioterapia

La chemioterapia può essere composta da fluoropirimidine (soprattutto nel paziente anziano o con importanti comorbilità), dall’associazione di queste con irinotecano od oxaliplatino, oppure dall’insieme di tutti e tre i citotossici in casi selezionati, in associazione ad un anticorpo monoclonale in base al profilo mutazionale. Tali farmaci, detti “a bersaglio molecolare” o biologici non colpiscono la maggior parte delle cellule normali del nostro organismo, ma colpiscono uno specifico recettore sulla superficie o all’interno della cellula tumorale, che rappresenta la miccia che accende il tumore e che gli consente di crescere.

Vi sono poi a disposizione molteplici approcci sperimentali, il più interessante dei quali è costituito dalla immunoterapia, un trattamento in grado di “risvegliare” il sistema immunitario del paziente e di attivarlo contro le cellule tumorali. Non tutti i tumori colorettali però rispondono a questo tipo di terapia, ad oggi ritenuta efficace solo in un sottogruppo di neoplasie definite “ad alta instabilità microsatellitare”, dotate della caratteristica di poter essere “riconosciute” dalle cellule immunitarie.

Per il quadro di malattia, le modalità di somministrazione dei trattamenti e una più facile gestione in caso di supporto endovenoso domiciliare, viene proposto, ai pazienti con malattia avanzata, il posizionamento di un accesso venoso centrale tipo port-a-cath.

I possibili effetti collaterali della chemioterapia possono essere diversi in ciascun paziente e sono rappresentati principalmente da stanchezza, nausea, vomito, diarrea, infiammazione della mucosa della bocca, in alcuni casi perdita di capelli. Inoltre, alcuni esami del sangue potranno subire delle alterazioni tra una terapia e l’altra; ad esempio, un abbassamento delle difese immunitarie può portare al rischio di infezione mentre la riduzione delle piastrine può portare al rischio di sanguinamento.

Prima dell’inizio della terapia il vostro oncologo vi segnalerà possibili effetti collaterali del trattamento e vi fornirà delle indicazioni sui farmaci da utilizzare a domicilio al bisogno, così come sui comportamenti da assumere per ridurre i rischi.

Trattamenti loco-regionali

Nella malattia avanzata, disponiamo inoltre di diversi trattamenti loco-regionali. In casi selezionati e dopo discussione multidisciplinare del singolo caso, essi possono essere associati od eseguiti successivamente ai trattamenti standardizzati. Comprendono:

  • radiofrequenza percutanea eco-guidata: può essere utilizzata per l’ablazione di lesioni, generalmente a livello epatico, singole e con diametro inferiore ai 3 cm;
  • chemioembolizzazione (DEBIRI): l’infusione intra-arteriosa di irinotecan, eseguita in regime di ricovero di DH, può essere utilizzata con successo in casi selezionati di pazienti pluritrattati e con metastasi limitate al fegato. Ad un mese circa dalla procedura sarà eseguita una rivalutazione radiologica e, in caso di risposta o stabilità di malattia, il trattamento potrà essere ripetuto;
  • radioterapia stereotassica: permette di indirizzare in una singola frazione una dose elevata di radiazioni ionizzanti direttamente su un volume tumorale;
  • radioterapia: ha un ruolo prevalentemente palliativo, in particolare nel controllo della sintomatologia algica correlata alle localizzazioni metastatiche, ossee o cerebrali. Può inoltre essere utilizzata a scopo emostatico ad esempio in caso di recidive rettali sanguinanti.

Figure di riferimento e follow up

La complessità del paziente oncologico impone l’identificazione di una figura di riferimento in ambito medico che coordini le varie fasi di trattamento della malattia.

Nella fase di trattamento chemioterapico, la figura di riferimento è identificata nell’oncologo, che prescrive eventuali accertamenti, ne coordina l’esecuzione e ne riferisce mediante lettera al medico di medicina generale (MMG). Sarà cura dell’oncologo riferire al MMG anche i potenziali effetti collaterali del trattamento onde facilitare la gestione a domicilio da parte dello stesso. Al completamento del trattamento chemioterapico, l’oncologo invierà al MMG una epicrisi della situazione clinica ed un programma “di massima” per i successivi controlli, secondo quanto sopra riportato.

Il paziente sottoposto a intervento endoscopico e/o chirurgico viene avviato al programma sorveglianza (follow up) a cadenza prestabilita e in base allo stadio della malattia. Tale programma prevede una visita chirurgica oncologica di controllo, esecuzione di esami ematochimici con marcatori di malattia, esami endoscopici (es. colonscopia) e radiologici di ristadiazione/controllo (es. TAC torace-addome con mdc, risonanza magnetica).

Nella fase di follow up, la figura di riferimento è identificata nel medico di medicina generale, che coordinerà l’esecuzione dei controlli specialistici previsti anche sulla base di eventuali altre patologie di cui è affetto il paziente.

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