Al congresso dell’American ASCO 2023, che si è concluso nei giorni scorsi a Chicago, tra i più importanti congressi oncologici a livello mondiale, hanno partecipato diversi medici IOV. Tra questi una rappresentanza dell’UOC Oncologia 1 con direttrice f.f. la Dott.ssa Antonella Brunello.
La Dott.ssa Brunello è stata coinvolta come co-autrice nella presentazione dei dati relativi alla combinazione di radioterapia e chemioterapia pre-operatoria dello studio ISG-STS 1001 di Italian Sarcoma group, presentato come comunicazione orale. In questo studio, i pazienti con sarcoma ad alto rischio, candidati a chemioterapia pre -operatoria, hanno potuto ricevere in base all’indicazione del clinico, anche la radioterapia concomitante. Globalmente, i 146 pazienti arruolati nello studio e trattati con radioterapia pre-operatoria concomitante alla chemioterapia non hanno presentato maggiori tossicità, con l’eccezione di un lieve aumento del rischio di complicanze della ferita subito dopo l’intervento. La combinazione di chemio e radioterapia ha consentito di ottenere migliori tassi di risposta di malattia con una riduzione dei tempi di trattamento. Tale strategia può, quindi, essere impiegata nei pazienti con malattia difficilmente resecabile all’inizio o nei quali sia imperativo conservare la funzione dell’arto.
La Dott.ssa Rossana Intini ha presentato il poster dello studio, di cui è coautrice, “Understanding Resistance in V600E BRAF Advanced coloN cancer treated with BRAF inhibitors plus anti-EGFR antibodies +/- MEK inhibitors: The URBAN Study”, che vede come primo autore la Dott.ssa Francesca Bergamo e, come altri coautori dell’Oncologia 1 le dott.sse Krisida Cerma, Alessandra Anna Prete, Letizia Procaccio e Caterina Soldà, il Dott. Mario Domenico Rizzato e la Dott.ssa Sara Lonardi, direttore f.f. dell’UOC Oncologia 3, in collaborazione con i colleghi di altri enti sanitari. Si tratta di uno studio volto ad individuare possibili meccanismi di resistenza primaria e acquisita alla terapia con BRAF inibitori utilizzati nel trattamento dei tumori del colon-retto avanzati BRAF V600E mutati (che rappresentano il 8-12% dei tumori del colon retto in fase metastatica). Lo studio è stato condotto analizzando le biopsie liquide dei pazienti raccolte prima e al termine del trattamento con BRAF inibitori.
Infine, sono stati presentati in plenaria i risultati dello studio internazionale INDIGO, cui ha partecipato anche il gruppo neuro-oncologico IOV guidato dal Dott. Giuseppe Lombardi. Lo studio ha evidenziato per la prima volta come un farmaco a bersaglio molecolare (vorasidenib) sia efficace contro gliomi poco aggressivi (di basso grado) con mutazione IDH. Con l’utilizzo del farmaco, viene più che raddoppiato il tempo tra diagnosi e progressione della malattia.
Al congresso dell’American Society of Clinical Oncology hanno partecipato anche i medici della UOC Oncologia 2, il cui direttore, la Prof.ssa Valentina Guarneri, è stata coinvolta in relazione all’aggiornamento a dieci anni dello studio ShortHER, di cui è Principal Investigator. Si tratta di un trial clinico randomizzato che ha confrontato, nell’ambito del carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce, una durata inferiore di trastuzumab adiuvante rispetto alla durata standard di un anno.
La Dott.ssa Gaia Griguolo ha a sua volta presentato un poster sui risultati di uno studio sulle metastasi cerebrali da carcinoma mammario. Il carcinoma della mammella è una delle neoplasie che più frequentemente può metastatizzare a livello del cervello, una sede difficile da colpire con i farmaci attualmente a disposizione e gravata da elevati tassi di mortalità. La ricerca, realizzata sotto la guida della Prof.ssa Guarneri in collaborazione con la Dott.ssa Francesca Schiavi, ricercatrice dell’UOSD Tumori ereditari con responsabile la dott.ssa Stefania Zovato, ha indagato quali siano le caratteristiche biologiche acquisite dal carcinoma mammario durante la metastatizzazione cerebrale, confrontando i profili trascrittomici di metastasi cerebrali con quelli della neoplasia primitiva da cui hanno avuto origine. In particolare, è stato identificato come nelle metastasi cerebrali c’è una maggior espressione delle pathways biologiche legate ad HER2 rispetto a quanto si osserva nel tumore primitivo, una variazione che potrebbe in futuro presentare potenziali implicazioni terapeutiche.