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DON MAURO: «NELLA MALATTIA ONCOLOGICA IL MIO “VENERDÌ SANTO”. MA NELLA PASQUA VEDO LA CONSAPEVOLEZZA DEL CAMBIAMENTO, UNA VITA PIÙ PROFONDA E VERA»

DON MAURO: «NELLA MALATTIA ONCOLOGICA IL MIO “VENERDÌ SANTO”. MA NELLA PASQUA VEDO LA CONSAPEVOLEZZA DEL CAMBIAMENTO, UNA VITA PIÙ PROFONDA E VERA»
Comunicati stampa, Storie

«Celebro questa Pasqua ringraziando, con la consapevolezza che c’è tanto di bene: ci sono persone che, pur dando compimento a una professionalità e ricevendo un salario, sono dentro all’umano con l’anima. La malattia, vissuta in prima persona, insegna a guardarsi attorno in modo diverso: la mia Pasqua ha una prospettiva nuova». A parlare è don Mauro, 59 anni, sacerdote dal 1988, attuale rettore della chiesa di San Clemente in piazza dei Signori a Padova, nonché assistente spirituale del Centro volontari della sofferenza, gruppo ecclesiale che porta conforto a persone malate gravi, a volte in modo irreversibile, altre in maniera cronica, e ai loro familiari. Don Mauro, insomma, da oltre trent’anni conosce “le parole per dirlo”, per dire la condivisione, la vicinanza, l’affetto, il patire insieme. Ma da qualche mese a questa parte le sue parole di consolazione hanno acquistato una profondità ulteriore, inedita, ancor più vera.

«Mi sono trovato a vivere l’esperienza oncologica – racconta don Mauro – e ho aperto una finestra su un mondo. In un primo momento l’impatto è stato crudo, ho dovuto compiere un cammino di accettazione. La diagnosi di tumore risale al periodo dell’Avvento 2021, ricordo mia madre che mi ha detto: “Non sei né il primo né l’ultimo …”. E difatti, quando sono stato preso in carico dall’Istituto Oncologico Veneto, ho conosciuto tanti compagni di viaggio. Il dottor Angelo Porreca, direttore dell’équipe di Urologia, mi ha illustrato le strade da percorrere e a metà febbraio sono stato operato nella sede di Castelfranco Veneto in modalità mininvasiva. Tutte le volte che sono entrato allo IOV per fare esami, approfondimenti, anche preoperatori, ho visto, e mi è piaciuto molto, che tutto l’organigramma, indipendentemente dalla professionalità scientifica o tecnica, era ricco di attenzione all’umano; ho visto che tutti, indipendentemente dal ruolo, erano solleciti, prodighi ad alleviare, a comprendere, e questo mi ha molto aiutato. Così come mi ha aiutato il dialogo con malati come me».

A Don Mauro è stato estirpato il male ma presto tornerà in ospedale per controlli. «La malattia è un esodo, è intraprendere la via del deserto, non è stato facile ma è un cammino di liberazione, se ci pensiamo è così un po’ per tutti, un’avventura verso una consapevolezza nuova: dopo, valuti diversamente i problemi della vita». A chi si trova ancora nel mezzo della tempesta, cosa si sente di dire? «La malattia ti mette di fronte non solo alle insicurezze umane, ma anche all’affidamento a Dio e alla Provvidenza di Dio che si serve di realtà umane per agire: ricordo chi mi accompagnava all’ascensore, chi mi si avvicinava infondendo speranza e sollecitando reazioni positive, chi condivideva con me il suo tempo. La malattia insegna ad arrivare al nocciolo dell’esistenza, ad apprezzare il quotidiano, anche nelle fatiche, ma con fiducia. La patologia oncologica può essere paragonata a un Venerdì Santo che però non segna la fine ma l’inizio di una realtà nuova: si diventa diversi nel modo di pensare, di ragionare. La Resurrezione, del resto, è un cambiamento, un modo nuovo di guardare all’esistere. E l’ospedale può essere luogo d’incontro, anche con se stessi, in modo più profondo. Niente diventa scontato, neanche le risposte».

«L’esperienza personale crea assonanze con gli altri e affinità veritiere – sottolinea il Direttore generale dello IOV-IRCCS, Patrizia Benini – Ringrazio molto don Mauro per aver condiviso con noi questa testimonianza che insegna a tutti a guardare “oltre al Venerdì Santo”, con fiducia: è quando la notte è più buia, che si intravedono le luci del giorno».

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