LA TOMOSINTESI
La tomosintesi è una mammografia avanzata. Grazie a una ricostruzione pseudo-tridimensionale della mammella, è in grado di superare i limiti della mammografia tradizionale (2D) legati alla sovrapposizione strutturale, limiti che possono tradursi nel mancato riconoscimento di lesioni mammarie o nell’identificazione di immagini dubbie che poi risultano non essere reali lesioni (falsi positivi). Tale ricostruzione pseudo-tridimensionale è resa possibile dal movimento angolare del tubo radiogeno che consente di acquisire multiple proiezioni a bassa dose e ricostruire così, attraverso un algoritmo dedicato, una serie di piani tomografici campionati a distanza tipica di 1 mm.
La maggior parte degli studi clinici pubblicati ha dimostrato i benefici della tomosintesi in aggiunta alla mammografia 2D anziché in alternativa. A supporto di questi studi i costruttori di tali apparecchi hanno predisposto una modalità di esposizione, detta “combo”, che prevede l’acquisizione, con un’unica compressione della mammella, sia della mammografia 2D sia della tomosintesi. Oggi sono disponili immagini mammografiche 2D sintetiche, ricostruite, attraverso software dedicati, a partire dalle immagini di tomosintesi. La tomosintesi determina, rispetto all’acquisizione della sola mammografia 2D, un aumento della dose dose ghiandolare media di radiazioni che rimane comunque sotto i limiti raccomandati.
CHE EVIDENZE CI SONO IN LETTERATURA?
Studi prospettici e retrospettivi, condotti nel contesto di programmi di screening organizzato di popolazione, hanno dimostrato che la tomosintesi, utilizzata in associazione alla mammografia 2D, consente di ottenere una performance diagnostica superiore a quella della sola mammografia 2D. Dai diversi studi si evince complessivamente che la tomosintesi determina un aumento dell’identificazione dei tumori compreso tra 0,5 e 2,7 ogni 1.000 donne esaminate e una contemporanea riduzione del tasso di richiami per falsi positivi tra 0,8 e 3,6.
Tra gli studi prospettici troviamo anche lo studio STORM, nato dalla collaborazione tra i centri di screening di Verona e Trento con un team australiano, che ha valutato le performance della tomografia associata alla mammografia 2D rispetto alla sola mammografia 2D su donne asintomatiche, trovando con la prima modalità il 53% in più di cancri rispetto alla seconda (detection rate passata da 5,3 a 8,1 per mille) e ottenendo un -17% di richiami falsi positivi.
Uno studio pilota, ormai in fase conclusiva, condotto a Verona, ha l’obiettivo di contribuire alla validazione dell’utilizzo della tomosintesi associato alla mammografia sintetica come test di screening. I primi risultati sono stati già pubblicati sulla rivista Radiology e confermano un aumento della detection rate del 9,4 per mille e un calo dei falsi positivi del 4% Si trattava prevalentemente di piccoli tumori invasivi.Tuttavia, nel contesto di programmi di screening – che, per definizione, valutano soggetti asintomatici – è necessario fornire ulteriori evidenze.
PUÒ ESSERE USATA NEI PERCORSI DI SORVEGLIANZA DELLA POPOLAZIONE?
La tomosintesi rientra in ulteriori strategie volte a ottimizzare lo screening mammografico, creando per esempio percorsi personalizzati. In quest’ottica la Regione Veneto ha approvato il progetto di screening giovani donne 45enni condotto presso l’Istituto Oncologico Veneto. A queste donne viene assegnato un “patentino di rischio”, basato su diversi fattori individuali-familiari e sulla densità della mammella. In base al rischio le donne verranno richiamate con frequenza annuale oppure biennale e, in base alla densità della mammella, saranno sottoposte solo alla tomosintesi o alla tomosintesi associata all’ecografia.